In un incontro, un evento o in un’organizzazione che utilizza l’approccio Open Space, i partecipanti propongono e gestiscono in completa autonomia il programma di lavoro, organizzando sessioni parallele di gruppo, focalizzando la discussione su un argomento di importanza strategica, come ad esempio: Che strategia, gruppo, organizzazione o comunità gli stakeholder possono sostenere o sviluppare lavorando insieme?
Con un numero di partecipanti variabile tra 5 e 1000 persone – in workshop di una giornata, convegni di tre giorni o nella riunione settimanale di staff – ciò che accomuna gli Open Space è la capacità di dare forza, creare efficaci collegamenti, rafforzare la visibilità e la sostenibilità di ciò che sta già accadendo all’interno dell’organizzazione: progettazione ed azione, apprendimento e saper fare, vivo interesse e responsabilità, partecipazione e performance. Si veda anche OSWorldORG:WorkingInOpenSpace? (Guided Tour).
E, mentre a prima vista l’Open Space impressiona per l’apparente mancanza di procedure e per la capacità di sorprendere, a ben guardare si scopre che l’Open Space è un sistema per gestire riunioni ed organizzazioni fortemente strutturato –che utilizza procedure così naturali e congeniali all’uomo ed al suo modo di lavorare da non essere nemmeno notate, e capaci di sostenere (e non bloccare) il lavoro di gruppi ed organizzazioni. Non è un caso infatti se i risultati ed i programmi di lavoro messi a punto nell’Open Space sono generalmente più articolati, robusti e duraturi - e consentono cambiamenti molto più rapidi ed efficaci - di quelli ottenibili con i progetti messi a punto dal management o da consulenti esterni.
1. Saranno identificate tutte le cose che sono PIÙ IMPORTANTI per i partecipanti.
2. Tutte le questioni sollevate saranno discusse dai partecipanti più qualificati e capaci di fare qualcosa per affrontarle.
3. In un tempo relativamente breve, anche di uno o due giorni, tutte le idee più importanti, le cose discusse, i dati raccolti, le indicazioni, le conclusioni, le cose che meritano successivi approfondimenti, le azioni che si intendono realizzare a breve termine saranno documentate in un report – finito, stampato e consegnato ai partecipanti prima della fine dell’incontro.
4. Se utile, e se si ha del tempo a disposizione, in poche ore tutti i documenti contenuti in questo report possono essere approfonditi ed ordinati secondo un ordine di priorità, anche con gruppi ampi di partecipanti (centinaia).
5. Dopo un Open Space tutti i suoi risultati possono essere messi a disposizione dell’intera organizzazione o della comunità locale in pochi giorni, in modo che ogni attore possa essere invitato a partecipare alla loro realizzazione – proprio ora.
6. E….risultati come questi possono essere programmati e raggiunti con l’Open Space molto più velocemente che con qualsiasi altra tecnica di “intervento su ampi gruppi di persone”. E’ letteralmente possibile fare in pochi giorni quello che altri approcci raggiungono in mesi o anni di lavoro.
La buona (e cattiva) notizia è che l’Open Space funziona. Buona, perché consente alle persone ed al loro lavoro di evolversi; cattiva, perché dopo un Open Space molte cose saranno diverse da prima. Potranno esserci nuove cose da fare prioritariamente, precedenti priorità potranno scomparire, e vice-versa – ma non è così che dopotutto va la vita? L’Open Space riporta la vita nelle organizzazioni e le organizzazioni a vivere.